
Il mio sogno era quello di fare la giornalista poi ho scoperto che la giornalista non si fa, ma si diventa.
La verità va sempre ricercata.
Premio Nabokov
Premio Piersanti Mattarella
Premio Eccellenza italiana
Giornalismo d’Inchiesta “Javier Valdez”
Premio “Genio della donna”
Premio Penna d’Oro
Focus
Intervista a Cosa Nostra. Dopo vent'anni svelato l'identikit del corvo.
Mentre scrivo è in corso a Palermo il processo per la trattativa. Che tanto sappiamo tutti come finirà. Penso al coraggio di alcuni magistrati. E alla vigliaccheria di altri. Penso ad avvocati che hanno difeso gli interessi di boss mafiosi e che oggi siedono in Parlamento. Penso alle ultime indagini di Paolo Borsellino. Ai suoi appunti su un'agenda rossa. Anche il magistrato ucciso in via D'Amelio potrebbe aver cercato di dare un nome al Corvo. All'autore delle otto pagine anonime infarcite di previsioni e accuse. Di dare un nome a chi riferì dell'incontro di un noto ministro con Salvatore Riina. In una sacrestia di San Giuseppe Jato. Penso che è lo stesso ministro su cui indagò Rino Germanà, un poliziotto che lavorò per anni con Paolo Borsellino e che Cosa Nostra cercò di uccidere il 14 settembre del 1992, a Mazara del Vallo. Due mesi dopo la strage di via D'Amelio. Nel giugno del '92 Germanà venne incaricato di indagare su pressioni denunciate da due alti magistrati di Palermo per pilotare il verdetto del processo per l'omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile. Ma questa è una vecchia storia. Ormai archiviata. Forse. Che pure si inserisce nell'intricata e dannatissima ragnatela che ha intrappolato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Una ragnatela esplosiva. Anche se non si capisce perché siano stati utilizzati 500 chili di tritolo per eliminare Giovanni Falcone. Avrebbero potuto ucciderlo a Roma, con più facilità e meno clamore.
Al di là di ogni ragionevole dubbio. Il racconto di via Poma
Fu davvero Raniero Busco a uccidere Simonetta Cesaroni? Alla vigilia del processo nuovi, clamorosi elementi allungano ombre sui delitti di via Poma. Li ha raccolti la giornalista Raffaella Fanelli e per la prima volta li rivela in questo libro. Dettagli scioccanti che potrebbero smontare pezzo per pezzo le tesi dell’accusa e la ricostruzione di ciò che avvenne il 7 agosto 1990. Particolari mai emersi a processo, come i trucioli di segatura rinvenuti sotto i calzini della vittima, che cambierebbero completamente la scena del crimine. O il memoriale inedito di Luciano Poncari, l’affarista vicino ai servizi segreti già testimone nel 1996 dell’operazione “Cheque to Cheque”, un’inchiesta che svelò importanti capitoli di storia italiana recente, dal traffico d’armi alle tangenti sulla cooperazione in Africa. E ancora le due telefonate che il portiere Pietrino Vanacore, suicidatosi prima di testimoniare in aula, avrebbe fatto a qualcuno dall’ufficio in cui morì Simonetta prima della scoperta ufficiale del cadavere. Chi chiamò? E perché? In una controinchiesta d’altri tempi, incrociando vecchi e nuovi verbali con una lunga ricerca sul campo, raffaella Fanelli racconta tutt’altra verità su quanto accadde quel giorno, con il ritmo serrato di un thriller.
Chi ha ucciso Simonetta Cesaroni?: Tutta la verità sul delitto di via Poma.
Il 7 agosto 1990, in via Carlo Poma 2, nel quartiere borghese di Prati a Roma, la ventenne Simonetta Cesaroni viene barbaramente uccisa nell’ufficio dove svolge un lavoro saltuario: dopo oltre trent’anni dal suo assassinio, il colpevole non è stato ancora trovato. Quello di via Poma è uno dei più noti casi irrisolti in cui, come spesso accade nei peggiori momenti della nostra storia, si mescolano sbadatezze, falsi indizi, interrogatori mancati, depistaggi veri e supposti, mancati riscontri, suicidi sospetti, testimonianze non verificate e menzogne menzogne menzogne… Nel corso degli anni, i principali sospettati, dopo dolorose trafile processuali, si sono rivelati innocenti. Altri invece sono scivolati tra le maglie della giustizia senza mai essere nemmeno indagati. Fino ad oggi: nel 2022, alcune rivelazioni hanno fatto vacillare l’alibi di una delle persone coinvolte. L’inchiesta è stata così riaperta ed è stata creata anche una commissione parlamentare d’inchiesta. In questo libro, Raffaella Fanelli mette a fuoco «tutta la verità possibile», offrendoci fra le tante novità l’unica intervista rilasciata in vita da quello che oggi appare il «centro oscuro» del delitto, l’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, attorno a cui ruota una rete di relazioni pericolose. Non esiste, infatti, il delitto perfetto, ma solo indagini sbagliate: quali errori sono stati commessi? Da chi? E soprattutto, perché? Grazie a Chi ha ucciso Simonetta Cesaroni? il lettore potrà affrontare e, ci auguriamo, risolvere il cold case più misterioso e celebre della storia italiana.
La strage continua: La vera storia dell'omicidio di Mino Pecorelli.
Chi uccise il più scomodo giornalista italiano? Sono passati più di quarant’anni dalla morte di Mino Pecorelli, e quell’omicidio resta un caso irrisolto, un mistero tra i molti che ancora ammantano quella tremenda stagione della storia d’Italia registrata dalle cronache col nome di «annidi piombo». Una stagione di trame e sottotrame, di incroci pericolosi fra apparati dello Stato, terrorismo, mafia, massoneria, ingerenze straniere... Pecorelli in quel torbido ci sguazzava: giornalista dal fiuto eccezionale, aveva contatti e fonti nel mondo della politica, fra i militari, nei servizi segreti, nella P2. E i suoi articoli su OP, la rivista da lui fondata e diretta, erano bordate terribili, in grado di far tremare molti potenti. Questo libro ripercorre la vita e le inchieste di Mino Pecorelli, alla ricerca della verità sulla sua morte. È un viaggio allucinante, negli oscuri meandri in cui si incrociano le vicende dell’eversione nera, della P2, di Gladio, ma Raffaella Fanelli è anche lei un segugio di razza, capace di muoversi fra le molte piste confuse e di non mollare,anche con coraggio, quando trova una traccia. E di guidare con sicurezza il lettore. Se si vorrà, finalmente, accertare la verità, è da questa indagine che bisognerà ripartire. Perché la verità può essere scomoda, può essere nascosta, può venire negata, ma esiste. E uomini come Pecorelli, che per lei hanno datola vita, la meritano.
La verità del Freddo: La storia. I delitti. I retroscena. L'ultima testimonianza del capo della banda della Magliana.
«La banda della Magliana esiste ancora?» «Sopravvive attraverso persone che della banda non hanno fatto parte, ma che con noi sono entrate in contatto. Per molti la banda della Magliana è stata un’ottima garanzia.» Con la postfazione di Otello Lupacchini e un inserto di foto inedite “Hanno già ordinato la mia morte…” Maurizio Abbatino parla e racconta quello che ha visto e vissuto in prima persona. Anni di delitti, di vendette, di potere incontrastato su Roma e non solo. Misteri italiani, dal delitto Pecorelli all’omicidio di Aldo Moro, fino alla scomparsa di Emanuela Orlandi. Protagonista di una stagione di sangue che ha segnato la storia più nera del nostro paese; fondatore e capo, con Franco Giuseppucci, della banda della Magliana, Abbatino è l’ultimo sopravvissuto di un’organizzazione che per anni si è mossa a braccetto con servizi segreti, mafia e massoneria. In queste pagine racconta la genesi della banda, le prime azioni, la conquista della città, gli arresti, le protezioni in carcere e fuori, l’inchiesta avviatasi oltre vent’anni fa a partire dalle sue confessioni. Può considerarsi il prologo di Mafia capitale: “Ritornano dei cognomi, si rivede un metodo… Abbastanza per pensare che le traiettorie del vecchio gruppo criminale non si siano esaurite” ha affermato l’attuale capo della Procura di Roma, Giuseppe Pignatone. Nel libro scorre la storia d’Italia vista con gli occhi di un criminale sanguinario che ha fatto arrestare altri criminali sanguinari. Molti di loro sono tornati liberi. Lui no. Aspetta, dice, la sua esecuzione. “Sono tornato dove tutto è cominciato. Perché è qui che deve finire.” Maurizio Abbatino, capo e fondatore della banda della Magliana, attualmente sta scontando una pena a trent’anni di reclusione e si trova ai domiciliari per motivi di salute. Nel settembre del 2015 è stato estromesso dal programma di protezione e gli sono state cancellate una serie di garanzie e tutele ottenute dopo la decisione di collaborare con la giustizia. La collaborazione di Abbatino ha attraversato tutti gli anni Novanta e il decennio successivo per interrompersi nel 2010. La sua testimonianza ha consentito di avviare il processo che ha portato dietro le sbarre il nucleo storico della banda. Le sue rivelazioni hanno avuto un peso in processi importanti, da quello per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli a quello per la morte di Roberto Calvi. La storia di Abbatino è stata immortalata in un romanzo bestseller di Giancarlo De Cataldo (Romanzo criminale, Einaudi 2002), al cinema e in una serie televisiva di successo.










